Pietrangelo Buttafuoco, siciliano, dopo queste strane elezioni 2008, mi fa anche emozionare. Capisco la sua amarezza.

"Sceso che sono dal carro dei vincitori faccio ciao con la mano e nel vederli andare via verso la gloria del Campidoglio, di Palazzo Chigi e dei ministeri tutti, canto anch’io nella retrovia dei fatti miei: “Sole che sorgi, libero e giocondo”. E nel mentre che ci troviamo, una volta per tutte, facciamolo sapere ai giornalisti storditi dai troppi bracci alzati nel saluto romano visti il 28 aprile: questa non è una canzone da fasci coatti (sebben fasci coatti siamo), è il “Carmen saeculare” di Orazio, tradotto da Ettore Petrolini e musicato da Giacomo Puccini perché – ebbene, sì – ci fu un tempo dove l’egemonia culturale era tutta zozzona. Orazio era un Sanguineti, Petrolini era un Dario Fo e Puccini, insomma, un Nicola Piovani. Ma senza l’aura immacolata della democrazia.

[…]

Sceso che sono dal carro dei vincitori, col mio di ceffo beato di cose troppo vecchie ormai, sceso che sono anche in compagnia di quelli che non hanno colto l’occasione ma che meriterebbero di starci sul carro – e mi raccomando con mio compare Gasparri: recupera Fabio Fatuzzo! – sceso dal carro, dicevo, so bene che è finita, finita per sempre. Ho una foto ricordo di un 28 aprile di chissà quanti anni fa a Predappio. Ci sono Raffaele Stancanelli e Nino Strano con polo aderentissima e suo solito notevole tratto elegante, e non so che farne. Non c’è che il Silvio III ormai: “Sui Colli nostri i tuoi cavalli, doma. Tu non vedrai nessuna cosa al mondo, maggior di Roma”. Cambiando tutto sono cambiati quelli che non dovevano cambiare mai. Cambiando tutto mi sono permesso di non cambiare, cavallerescamente Francesco Rutelli – che fu un grande sindaco – un bacio se lo merita, ma sceso che sono dal carro dei vincitori faccio ciao con la mano e nel vederli andare via verso la gloria del Campidoglio, di Palazzo Chigi e dei ministeri tutti, dico: ascenda pure il coro. E dunque: “Sole che sorgi, libero e giocondo"."

“Esiste nella cultura e nel costume del nostro paese una tradizione minoritaria di anarchici conservatori, la cui azione è innervata da un forte risentimento morale, che trovano un acre piacere nell’andare contro corrente”.

Come fai a non votarlo?
“Berlusconi l’ho votato. Come fai a non votarlo? Penso che è stato giusto dare ad un uomo come Berlusconi, per come si è creato, un’altra possibilità di governare nuovamente l’Italia”.
Gennaro Ivan Gattuso, centrocampista del Milan e della nazionale, 1 maggio 2008

Agli inizi del terzo millennio, un gruppo di spostati web imprenditori locali furono imprigionati da un tribunale per una violazione dei diritti d’autore che non avevano commesso. Questi uomini fuggirono da un carcere di massima sicurezza per rifugiarsi nelle condutture sotterranee di Marghera.
Oggi, ancora ricercati dalla Siae, sopravvivono facendo i soldati di ventura. Se hai un problema, se nessun altro ti può aiutare, e se riesci a trovarli, forse puoi ingaggiare…

A volte dopo la Messa, a volte per le vie di un parco ai margini della Laguna, nel ritmo lento della passeggiata e della parola, passato e futuro si mescolano, massima realizzazione della terzina marloweiana: " Non sei nè giovane nè vecchio, ma è come se dormissi dopo pranzo sognando di entrambe queste età".

I ragazzini che oggi hanno 14 anni sono già grandi. Alti come me. Eppure gli anni ’90 sono così distanti dal nostro mondo. Proprio un altro secolo. Niente telefonini, niente internet, computer a riga di comando. Il riscaldamente globale non esisteva, come neppure l’immigrazione.
Non ce lo vedo Kurt Cobain nel nostro secolo. La sua musica è diventata un classico, ma lui è stato l’ultimo degli eroi non tecnologici. Quell’epoca dei telefoni attaccati ai muri, delle macchine di ferraglia degli anni 70, delle chitarre elettriche aggiustate col mastice.
Oggi se dovessi suicidarmi avviserei qualche persona per sms. Farei un video e lo metterei su Youtube. E’ la nostra società da Big Brother.
Lui è stato l’ultimo a prendere carta e penna. Un mito che non riusciva a capire perchè i suoi drammi intasavano i rotocalchi piuttosto che risolversi nel cesso di casa. Con la raccomandazione di non imitarlo.