Dieta dissociata

Un articolo uscito oggi sul Foglio, che io impunemente posto, spiega una particolare fetta di problemi dell’alimentazione moderna. Non che sia tutto vero e giusto.

Campare fino a cent’anni

Non che sia tutto vero e giusto. Ad esempio, da studi controllati è noto che il ciclo della grelina (l’enzima che favorisce la digestione dei carboidrati) può essere resettato da nuove abitudini e che anzi, spostare il consumo di carboidrati verso le ore tarde è meglio per il metabolismo (fa dimagrire), oltre che evitare la tipica botta di sonno dopo pranzo. Cum grano salis, quindi. Però veicola una grande verità che pochi oggigiorno capiscono: con la buona alimentazione si può risolvere tutto, possono accadere miracoli.

Luigi Manconi è una persona intelligente. Giovedì scorso scriveva sul Foglio riguardo quanto è distante il moralismo comune delle frasi fatte dalla realtà. La frase "Morgan è un cattivo esempio per i giovani", non ha senso. Perchè 1. Morgan non è giovane 2. Morgan non è un idolo dei giovani 3. Oggi si drogano di più i meno giovani. Eppure, afferma, questa è una convinzione minoritaria. Il che è vero, e non fa che confermare (nihil sub sole novi) quanto dicevano Eraclito e tutti gli altri e me cari.

E’ arrivato Dicembre. Come ogni anno, la sopportazione dei capelli lunghi è arrivata a saturazione e me li sono tagliati. La cosa mi ha scosso meno degli altri anni. Forse perchè erano davvero lunghi stavolta; forse più perchè ho scoperto che i capelli corti sono maggiormente destrodivini e piacevano a Pasolini. Mi rincuora il fatto che, al passare di ogni anno, la mia capacità (e pazienza) di gestire i capelli lunghi aumenta. Probabilmente quando sarò ormai stempiato, saprò come si gestisce una folta capigliatura. Certo, perdo tantissimo di stile quando gioco a calcio, e faccio meno paura agli avversi. Da un Ambrosini mi ritrovo trasformato in Abate.
Comunque anche i capelli corti possono essere belli. Ad esempio, puoi udire distintamente le scie di Von Karman che alternativamente si distaccano, quattro-cinque volte al secondo, quando il tuo viso è spolverato dallo zefiro.
E’ arrivato Dicembre. Come ogni anno, è il mese migliore. Sempre pregando che, come ogni anno, ad un certo punto non si azzeri tutto. Che non abbia preso anch’io la sindrome di Carletto. Il che però, a dirla tutta, sarebbe un onore.

 Col mio parroco non sono sempre stato molto d’accordo. Ha segnato però la mia vita. Come Giovanni Paolo II era per me l’unico Papa, essendosi seduto sul soglio pontificio prima della mia nascita e essendoci rimasto fino a tutta la mia adolescenza, così don Alfredo era per me il Parroco. In tutti questi anni, coll’evoluzione della mia persona e la formazione del mio pensiero, è sempre – e gradualmente – cambiato il punto di vista critico nei suoi confronti. Questa è la ragione della profonda stima corroborata da forte dissenso che nutro nei suoi confronti.

Ricordo che da piccolo ero appassionato dalle sue prediche e dalla sua mimica (e ciononostante sapeva essere fermo come pochi con i bambini). Poi il suo atteggiamento ha cominciato a trasformarsi davanti ai miei occhi: i cartelloni in grassottello appesi in chiesa non mi piacevano più, la fusione tra la messa dei bambini e quella degli adulti mi costringeva a ignorare il salto che la Fede aveva compiuto dentro di me.

Ora, dopo 15 anni, se n’è andato, di propria volontà. Stona con quanto disse sei anni fa, giunto al termine del suo mandato: “venderò cara la pelle”. In sei anni le cose possono cambiare, ho pensato. Invece è finita nel peggiore dei modi, in seguito a voci sul suo conto – la cui verità è nota solo a Dio – che hanno corrotto la sua volontà di restare tra noi. Come nel peggiore degli incubi moderni, la fittizia realtà dei giornali e della televisione viene plasmata nel mondo di tutti i giorni dalla mente di quelli, tra le persone, più influenzabili degli altri.

L’occhialuto uomo costruisce ordigni, e capita che ogni tanto uno di questi venga fatto esplodere.

La grande notizia di questi giorni è che George W. Bush ha vinto il premio nobel per la pace 2009. O meglio, la sua politica. Il che non sarebbe un gran vanto, visto che il premio è stato assegnato in passato a personaggio tipo Kofi Annan (primo responsabile del genocidio in Ruanda e campione del nepotismo in seno alle Nazioni Unite) o Arafat. Ad ogni modo, Barack Obama è riuscito, in soli nove mesi di mandato, a non cambiare di una virgola la (ottima) politica estera della precedente amministrazione, salvo darla a bere in modo molto più corretto e cool ai media occidentali. Ha promesso la chiusura di Guantanamo, ma finora non si ha nemmeno una data stimata; ha proclamato che non verranno più usati metodi di interrogatorio duro, salvo poi aggiungere nelle note a fondo pagina che sì, ma solo in caso di pericolo per la sicurezza nazionale. In Iraq non ha ritirato un solo soldato, mentre in Afghanistan il contingente è raddoppiato, e proprio in questi giorni è al vaglio l’invio di altre quarantamila truppe. Well done, Barack.

Harry Patch (In memory of)

"i am the only one that got through
the others died where ever they fell
it was an ambush
they came up from all sides
give your leaders each a gun and then let them fight it out themselves
i’ve seen devils coming up from the ground
i’ve seen hell upon this earth
the next will be chemical but they will never learn"

Recently the last remaining UK veteran of the 1st world war Harry Patch died at the age of 111. I had heard a very emotional interview with him a few years ago on the Today program on Radio4. The way he talked about war had a profound effect on me. It became the inspiration for a song that we happened to record a few weeks before his death. It was done live in an abbey. The strings were arranged by Jonny. I very much hope the song does justice to his memory as the last survivor.

It would be very easy for our generation to forget the true horror of war, without the likes of Harry to remind us.
I hope we do not forget.

As Harry himself said
"Irrespective of the uniforms we wore, we were all victims".

Il ricordo di Thom Yorke.

Oggi si è aperto il secondo anno della mia squadra di calcetto. Non so se sia più forte dell’anno scorso. Di certo io sono meno forte mentalmente, ma sarò più forte in campo. Quest’anno il campionato è più corto, non avrò più ogni responsabilità su di me. Giocherò più scarico, ma inizio con meno voglia. Sperando che la voglia mi venga durante il cammino. Intanto corro, chè la fatica è un’ascesi. Sperando di sentirmi bene.