Oggi ci diamo alla sensibilizzazione. Capito? Questo è il nuovo spot rivolto ai giovani sul problema della pirateria audiovisiva. Capito? Sì, ai giovani che servono a rilanciare un’Italia competitiva. 


Attenti! Queste e altre terribili maledizioni sono destinate a cadere su coloro che persevereranno imperterriti. Si prevedono spot più aggiacchianti, voci dicono che il prossimo (sponsorizzato da Vodafone Italia) sarà titolato "Chi usa un dvd pirata non potrà rinnovare dopo i primi due mesi la summer card".

L’ipocrisia del doping
24 ore prima dell’inizio di questo Tour arrivano i documenti ufficiale delle indagini spagnole che costringono i direttori sportivi (in base al famoso “codice etico” varato da Manolo Saiz, fatalità indagato numero uno) a sospendere i corridori presunti coinvolti. Le accuse sono pesanti, le sacche di sangue sono tante. Sembra di rivivere quei giorni neri del ’98. Ancora peggio, perchè dal ’98 la parola doping, sparata lì in una qualsiasi conversazione da chiunque non sia pratico dell’ambiente, mette terrore negli occhi dell’interlocutore. Tutti che si affrettano a firmare accordi etici, tutti che si affrettano a professioni di estraneità. E’ così, una qualsiasi indulgenza, anche moderata, attira gli occhi sospettosi degli organizzatori, ti fa entrare nel novero di quei mostri, e magari il giorno dopo ti trovi uno scoop su L’Equipe o su El Pais dove qualcuno ti ha visto scaricare di notte un sacchetto di siringhe dentro un tombino. Allora tutti si fanno ipocriti: prendono le distanze, si riempiono la bocca di frasi fatte dell’organizzazione. Ma non possono fare altrimenti.
Non mi risulta che Jean Marie Le-Blànc sappia cosa voglia dire andare in bicicletta, non mi risulta abbia mai bagnato col suo sudore il tubo di un telaio; io l’ho sempre visto seduto in ammiraglia. Eppure dispensa sentenze, direttive, lezioni di moralità. Impone cosa si debba pensare sul doping e su chi ne fa uso, condanna chi è solo indagato. E mi pare che la prima regola di giustizia sia che nessuno è colpevole fino a prova contraria, ovvero fino a una sentenza.
Non so se Damiano Cunego fa anche lui l’ipocrita quando si tira sdegnatamente fuori con parole amare, non so se Ivan Basso sia veramente colpevole. Io solo aspetterei a chiamare il rinnovamento del ciclismo, a chiamare la bonifica dalle fondamenta, ad annunciare lezioni sommarie e a rivendicare una sportività dilettantistica in un sport professionistico. Soprattutto se non da sopra una bicicletta.

Intanto però, per un motivo o per l’altro, questo tour parte spuntato, senza favoriti. Intanto però c’è anche un certo signore in giallo. Go for it, vecchio George. Io punto su un terzo americano a Parigi.

Portogallo – Olanda 1-0
Ivanov non è un arbitro. E questo lo dico da un certo Milan-Boca che mi è rimasto sullo stomaco. Ma la notizia del giorno è che Van der Sar è un portiere. Sarà anche stata l’eccitazione del record di presenze,  ma a 36 anni quest’uomo sembra aver dismesso le mani di pasta frolla (avrà fatto una cura termale). Infatti al 45′ ci mette del suo per fare un dispiacere a Pauleta e al 9′ del secondo tempo sventa con tuffo plastico un tiro insidioso di Figo. Comunque, quello che le sbaglia proprio tutte è Van Basten: riesce a partire con una formazione decente e fa’ di tutto per rovinarla come può. Peccato il regolamento conceda solo tre sostituzioni. Scolari invece è uno che la sa lunga: non sostituisce Costinha quando ormai Ivanov l’aveva preso di mira, ma soprattutto ci chiediamo cosa abbia tanto da gioire a fine partita, visto che affronterà l’Inghilterra con mezza squadra indisponibile, e il resto diffidato. Ivanov instaura però un buon feeling anche con Boulahrouz. L’olandese sembra avere un impegno dopo la partita, visto che cerca in tutti i modi di andarsene il prima possibile: al 7′ si fa ammonire, all’ 8′ sarebbe da interdizione da tutti gli stadi di Germania, ma niente, Ivanov lo costringe a giocare fino al 63′. Quando esce fa anche una faccia dispiaciuta; che ipocrita. A metà secondo tempo succede l’ipensabile, 5 ammonizioni, un’espulsione, vari accenni di rissa in meno di cinque minuti. Neanche le Panatine. E mentre la gara sembra ormai ridotta a chi fa ammonire più avversari, passa di mente il gol di Maniche che, nello stupore generale, decide la partita. 

"Il problema del mondo odierno è che dobbiamo fronteggiare un antiamericanismo che è diventato completamente demoniaco, che inonda l’intero pianeta e che influenza chiunque. L’antiamericanismo è l’ideologia globale più pericolosa che c’è. Oggi tutti i totalitarismi, i fondamentalismi e l’antisemitismo trovano riparo dietro la bandiera della lotta agli Stati Uniti."
B. Henry-Levy

Un azzurro imiti il ghanese

Facciamo a capirci: se si brucia la bandiera d’Israele non è obbligatorio scusarsi, se la si espone, sì? Strano, no? Succede che un calciatore del Ghana che gioca a Tel Aviv, per ragioni sue, decide di festeggiare un gol della squadra sollevando con un compagno un piccolo stendardo con la stella di David, sì, insomma, la bandiera del paese che lo ospita e che non disputa questi Mondiali perché la Nazionale non ha superato, ovviamente per colpa dei francesi, le qualificazioni a Germania 2006.
Finimondo al Mondiale per una bandiera innalzata. I compagni processano l’audace ghanese, la stampa araba lo insulta, la Federazione nazionale e internazionale lo costringe alle scuse e a fare la figura dell’ingenuotto che non si è reso conto di quale terribile offesa ha arrecato. Appunto, quale offesa? Ci dichiariamo subito ingenuotti politici, piuttosto che riconoscere un’offesa in un gesto comunque bello come alzare (e non per bruciare) una bandiera. Offesa a chi? Eppure la stampa continentale e italiana racconta la vicenda con assoluta normalità, come se fosse del tutto ovvio che se un giocatore espone la bandiera d’Israele reca forte offesa, gravissima. Quale offesa? A chi? E se avesse festeggiato innalzando la bandiera – poniamo – canadese? Sarebbe successo lo stesso finimondo? Fare un gesto – d’affetto o politico che sia poco importa in questo caso – che manifesta simpatia per un’altra bandiera non vuole dire non amare la propria. Non è nello spirito dello sport e del Mondiale – visti soprattutto dalle anime belle – avvicinare i popoli, invece che allontanarli? La legge della fratellanza è uguale per tutti, o no? A quanto pare no, per Israele bisogna sempre e comunque fare un’eccezione. Perché se il capo di un regime fondamentalista e quasi atomico vuole cancellare Israele dalla mappa, va capito, in fondo non lo pensa, e comunque bisogna parlarci. Se un giocatore di calcio alza la bandiera d’Israele, va costretto alle scuse, in fondo non sa quello che fa, e comunque bisogna impedire che qualcuno lo rifaccia. Non sarebbe male che un azzurro rifacesse quel gesto.
Il Foglio

Radio Friendly Unit Shifter. Decima traccia di In Utero. "Di questo album però ci sono alcune canzoni, tipo le ultime due, che sembrano fatte solo per aggiungere traccie all’album… cioè sembrano tirate giù da una jam durante il soundcheck. Ancora adesso quando metto su questo disco chiudo alla dieci, le altre non riesco proprio ad ascoltarle… Sono di quelle canzoni che ti fanno venire mal di testa quando non ce l’hai, o te lo fanno passare quando ce l’hai." – "Brian Willis del New Musical Express diceva che questo disco era la "vendetta" di Cobain…" – "Ah può essere… nel senso che si è liberato del sound quindi…". Bravo Mik, capisci sempre al volo. Ma ti rispondevo in modo assente, e pensavo invece alle tue ultime parole sul mal di testa. Come può una canzone così inascoltabile far passare il mal di testa; o meglio, il mal di testa è così reversibile da una canzone? Ho provato, ed è vero. Questo distorto miscuglio di rumori disordinati ha il potere di alleviare, se non far passare, il mal di testa. E ho anche sistematizzato: deve essere ascoltata a un volume abbastanza alto, dal primo all’ultimo secondo senza interruzioni, ben isolata da qualsiasi altro ascolto; sconsigliabile ascoltarla due volte di fila. Al test su mio papà, che in genere è refrattario a questa robaccia, ha risposto che l’effetto funziona anche su di lui: "Forse ci sono degli ultrasuoni".

Ballad for my little hyena

Afterhours
Era una giornata di Luglio coperta da quelle nuvole che portano tranquillità e favoriscono la riflessione. “Sai chi sono questi?” “Mi sembrano gli Afterhours.” La voce di chiunque sia il cantante è inconfondibile (non che abbia nulla di speciale però). Quando mi mostra il disco, mi sorprendo che mio cugino vada a comprare quelle cose. Forse gliel’hanno regalato. “E’ uno di quei dischi così, che hanno le prime cinque canzoni ascoltabili”. In effetti le altre sono un po’ scadenti. Ma mi aveva soprattutto colpito la seconda canzone, che poi ho scoperto avere un titolo geniale (come quello del disco): ballata per la mia piccola iena.