Pensavo che quel simpaticone di John Lennon, il grande John Lennon che diceva che avrebbe abbattuto il Cristianesimo, insomma John Lennon (tipo Jane Austen, hai capito), pacifista (ovvero strenuo difensore dello status quo), alla fine è morto sparato. Pensava di sicuro di essere immortale, pensava che dormendo tutti insieme in sacchi a pelo e predicando l’amore tra tutti gli esseri, piante e animali compresi, sarebbe stato un idolo per chiunque. Avesse potuto parlare al suo uccisore, cosa gli avrebbe detto? Ma dai, guarda che ti voglio bene, siamo tutti fratelli, se metti via la pistola ti faccio fare un tiro? Povero, non ha avuto neanche il tempo per intavolare una soluzione diplomatica, che sarebbe stata di sicuro successo.
Ecco, la follia pacifista è questa, che non arrivi mai un giorno qualcuno a spararti.

Forse mi aspettavo di più, anzi senza forse. Era logico, l’ultima volta mi ha lasciato esterrefatto, e anche i più grandi non possono ripetersi all’infinito. I cinquemila metri quadrati d’oro di San Marco imprimono una rotazione della testa verso l’alto non fuggibile, ma io preferivo la più romanica e sanguigna S. Stefano. Il tema di quest’anno: "Passeggeri distratti, prigionieri di una gita senza uscita – canta uno dei vostri idoli". Ho scoperto che l’idolo in questione è Raf. Pensavo di tenermi a memoria il discorso per poi ributtarlo giù, ma sono stato un po’ demoralizzato; i passaggi degni – altrochè degni – ci sono comunque stati. Il peggior nemico dell’uomo è la realtà, diceva Proust (citazione del card. Scola). Ci sono altre citazioni a me più care ma va bene questa. Il giovane attuale cerca di fuggire dalla realtà quando questa pesa: il suo imperativo è "purchè non mi pesi". La scuola, sì ma non deve pesare, non deve essere uno sforzo; la ragazza, sì ma sempre purchè non mi pesi, purchè non comporti sacrificio. L’esempio di Maria è di una ragazza che è rimasta umile – humus, rasente alla terra. In contrapposizione a chi è superbo, che con la realtà ci fa a pugni, guardando tutto dall’alto in basso non riesce ad alzare la testa a quello che sta sopra di lui (alzare la testa e aprire la bocca ai mosaici di San Marco?). Però ha rassicurato, il male non è solo dentro di noi, ha una componente ancestrale, degli angeli decaduti.
Nella secondo parte, in Basilica della Salute, a seguito della lettura di un pezzo dell’ultima enciclica e di un brano di una lettera di San Francesco Saverio, ha spostato il discorso in maniera più efficace contro l’ideologia del materialismo, che crede che l’uomo viva di solo pane. Il materialismo nega l’uomo in quanto uomo. E ha invitato di nuovo a essere umili, ad essere i primi ad amare, incondizionatamente, rifiutando la tentazione di eliminare "quello che ci pesa" dalla nostra vita, perchè quello che pesa è la realtà (e la vita) stessa.
Ad ogni modo, la mia emozione l’ho avuta lo stesso, puntuale ogni anno. Penso sempre di portare la macchina fotografica, ma forse è meglio così, quello spettacolo rimarrà perfetto nella mia memoria. La cupola del Longhena con le sue grandi volute, che illuminate creano un formidabile gioco di ombre, mi aspetta sempre lì, al passaggio del ponte votivo. E con mille lucette che si rispecchiano nelle onde dell’acqua, è uno spettacolo impareggiabile.

Stavi guardando una nonsochè locandina oggi, è forse il giorno di uscita di Punto e Croce Facile? Ad ogni modo, ero con la Jazz fermo al semaforo, e non ti ho suonato sia perchè odio in genere i clacson, sia perchè una vecchietta stava attraversando la strada e volevo finisse presto l’opera. Ho provato ad abbassare un finestrino e alzare i Ramones, ma il tuo udito non è sopraffino fino a questo punto. Comunque, tutto questo per dirti un’idea che mi è venuta struccando il bottone d’accensione del Mac. Ci compriamo in due un masterizzatore di schede magnetiche, hackeriamo la tessera di Alì e ci carichiamo ventimila punti?

Libertà e Necessità
Avevo 14 o forse 15 anni, non abbastanza per pensare al problema come ci penso adesso. Ora, quando si usciva di casa, pomeriggio o sera, era domanda rituale con gli amici il "quanto puoi stare fuori?". E ognuno spiattellava agli altri le concessioni che aveva ottenuto con i suoi genitori grazie alla sua fine diplomazia. Comunque, questi amici rimanevano un po’ allibiti quando il sottoscritto quindicenne rispondeva, come suo solito, con un naturale "Quando voglio!". Forse pensavano che io, ribelle per diletto, tornassi a casa a notte fonda, sprezzante delle grida materne e paterne rivoltemi, aprendomi la strada con la scimitarra? No. Non so se avevo capito io qualcosa di superiore, o se questa cosa di superiore mi era stata insegnata, ma ho sempre fatto quello che volevo, eppure era quello che dovevo fare. Ed è l’unico modo per essere veramente liberi. Libertà e Necessità.

Old Possum’s
Un impiegato di banca nella Londra del 1920. Chissà, fosse vissuto più a lungo avrebbe riconosciuto la sua somiglianza con Christopher Reeve, il protagonista di Superman. Stessi occhiali tondi schiacciati sugli occhi, stessa pettinatura a righe parallele. Stessa apparenza, stessa identità nascosta. Sembra di vederlo, uscire da Llody’s ed entrare nella città nebbiosa, fendere a lunghi passi quella coltre spessa, fermarsi per aspettare il tram, osservare quel grande fiume di folla attraversare il London Bridge. Come linfa nei canali di questa città brulicante. O ricordarsi i versi di Dante, ripeterli in un italiano buffo, vedere nel Tamigi lo Stige e stupirsi di quanti dannati varchino le soglie degli Inferi.
Sale sul tram, guardando fuori dal finestrino ripensa ai versi di Baudelaire. "Fourmillante cité, cité pleine de rêves". No, tu Charles non hai visto Londra. E’ questa la vera unreal city, trafitta dalla modernità, incapace di farsi una ragione della Guerra.
Arrivato nel suo appartamento, ritorna ai suoi carteggi. Forse ripensa a Machiavelli, quando al ritorno a casa smettava i suoi abiti infangati e quotidiani, indossava panni curiali e si sedeva sul suo scrittoio, per entrare nelle antique corti degli antiqui homini e pascersi di quel cibo che solum era suo. Ma Londra non è Firenze e la mancanza di serenità umanistica impedisce simili colloqui. Nel suo studio il vecchio Possum (soprannome che gli aveva imposto Ezra Pound) ha gli ultimi lavori da fare per conto dell’Egoist, la rivista a cui collabora. Sta leggendo un romanzo che pubblicheranno a puntate, di uno scrittore d’avanguardia irlandese, dal titolo evocativo: Ulysses.
Fa in fretta, non ha molto tempo. Deve concludere un lavoro che ha in cantiere da tempo e su cui punta molto. La salute  di Vivien, sua moglie, sta peggiorando. Lui dilì a poco, se lo sentiva, avrebbe avuto un esaurimento nervoso. A quel punto avrebbe fatto meglio ad accettare la proposta di Bertrand Russel, che si era offerto di mandarlo in cura presso una sua amica a Losanna.

Al direttore – In un lussuosissimo condominio di Milano, con tanto di piscina, terme, galoppatoio, zoo, eliporto, montagne russe, università e cimitero privato, un gruppo di condomini integralisti isterici capitanato dall’on. Gardini, ha inscenato una rissa furibonda pretendendo per i bagni interni della piscina condominiale addirittura nove differenziazioni e cioè: 1) uomo classico 2) donna classica 3) transgenici quadrisessuali 4) assassini 5) nani bilingue 6) impotenti 7) cani omosessuali 8) prelievi 9) filosofi. In più l’on. Gardini oltre a pretendere il suo bagno personale blindato, insonorizzato e con la tavoletta della tazza tempestata di brillanti, ha chiesto di cambiare il portiere centrale del condominio, un rumeno monofonico privo di sense of humour, con un portiere di maggior prestigio suggerendo Buffon. Richieste, peraltro, disattese.

Gianni Boncompagni
(04/11/2006)