“L‘unione della suprema Sapienza e della massima trivialità è una divina unione, e alla Sapienza piacciono le maschere mostruose, con le quali spaventa chi non è suo. Il ventre è l’essenziale, l’occhio il trascurabile”.

Così scrive Guido Ceronetti commentando il Qohelet. Pensare a questa frase dà sollievo al rimorso di certi risvegli, aiuta ad affrontare il mattino dopo la notte, l’impatto con la realtà perchè “omne animal triste post coitum”.

Il Logos ci parla

Lo scorso 19 dicembre il Barcellona si è laureato club campione del mondo. Con un gol di Leo Messi al 110′. Leo Messi è Cristo, il Messia.
Leo perchè “Ha vinto il leone della tribù di Giuda, germoglio di Davide” (Apocalisse 5:5).
Il salmo 110 celebra la vittoria finale del messia: “Disse l’Altissimo al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”. Il Signore di cui parla Davide è il Messia, come dice anche Gesù in Matteo 22:41:
“Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro: «Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide». Ed egli a loro: «Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?».
Inoltre la maglia del Barcellona è blu e rosso granata, un po’ come la veste di Cristo in molte rappresentazioni. E’ Messi al 110′ ha segnato in un modo strano: col petto, ovvero col cuore. Il Sacro Cuore di Cristo vince il mondo.

Il giovane schiavo del Protagora di Platone non sapeva di sapere i teoremi della geometria. Io non sapevo di sapere l’onomastica anglofona. 
Capita che lo scorso sabato Venezia sia affollata di turisti. Capita che approcciare un gruppo di turiste straniere sia un buon modo per dare una svolta alla sera. Capita ovviamente di non essere al massimo della ricettività dei sensi. Una giovane turista allora ti dice il suo nome perché tu la ricontatti (ahimè) su Facebook. Ovviamente, tu che ti dai arie di comprendere l’inglese, non te lo fai scrivere. E capisci Bailey Phillips. Che strano, Bailey. Mai sentito prima; sarà uno di quei nomi che esistono solo in inglese. 
Il giorno dopo, nel pieno delle forze, scopri che quello che tu avevi capito Bailey è invece Molly. Ma anche che Bailey esiste ed è anche granchè diffuso. Ovvero non sapevo di saperlo.

Nel mondo esistono forze imponderabili ma terribilmente reali. Il caso sta nell’indeterminatezza di posizione dell’elettrone e non oltre. La circolarità (delle vicende dei singoli, della Storia, le coincidenze e ricorrenze), l’eterno ritorno nitzscheano, è una di queste. Uno potrebbe racchiuderle in prima approssimazione sotto il nome di "male".

Avevo un vecchio professore di Filosofia. Non esattamente uno stravagante, direi piuttosto un accademico a cui piaceva ancora l’esercizio (nonchè far esercitare) la memoria. Un giorno un giovane alunno gli chiese conto del perchè del pessimismo di Schopenhauer. Rispose: "All’inizio si è giovani, incorrotti, e si pensa di cambiare al mondo. Poi si diventa vecchi e ci si rende conto che il mondo è brutto e non c’è nulla da fare". Disse queste parole come se fosse lui, in quel momento, il vecchio Arthur redivivo.

“Poiché non possiamo pensare ad alcun presente senza un relativo futurum exactum, ci possiamo pensare presenti e reali solo se pensiamo a Dio. Se noi oggi siamo qui, noi domani saremo stati qui. Se la realtà esiste, allora il futuro anteriore è inevitabile e con esso il postulato del Dio reale”. – Robert Spaemann

Ovvero, per dare realtà al nostro presente, è necessario che esista un luogo dove si possa dire che il nostro presenta sarà esistito. Questo è Dio. La cosa mi fa terribilmente pensare al fatto che lo scandirsi del tempo, fisicamente, non esiste. Il tempo è simile a un grande fiume ghiacciato, come disse un importante fisico. Solo la limitatezza della velocità di trasmissione delle informazioni (velocità della luce) non ci permette di vedere il fiume ghiacciato dall’interno dell’universo. Ma dall’esterno…

Fiducia e giudizio
Non sono uno che si sorprende dei comportamenti della gente, non sono uno che si indigna perchè il mondo è cattivo. Non lo sono perchè ho letto il Vangelo, ma probabilmente ero così dalla nascita. Perciò mi sorprendo di coloro i quali si indignano… o, a rigor di logica, non dovrei. Tra i postulati sul mondo e sul genere umano più ignorati, o letti e non compresi, oltre a quelli riporati dagli evangelisti duemila anni fa, ci sono quelli di Eraclito, miracolosamente pervenuti a noi tra tutti i travagli della storia, e ancora più miracolosamente giunti tra le mie mani in un’edizione che apparteneva a mia madre.
Basta aprire Facebook per capire che ci sono cose su cui tutti concordano: i giudizi sul resto dell’umanità. Quante persone false ci sono al mondo, quanti omologati alla massa, quante troie e quanti bastardi. Tutti dicono la stessa cosa e si danno ragione a vicenda, non preoccupandosi dell’impossibile percentuale di consensi ("Di quanti udii parole, mai nessuno si accorse che la sapienza in disparte da tutto si tiene", fr. 108) e ragionando ciascuno per sé (come se si fosse soli al mondo), non riconoscono la contraddizione collettiva, questi "altri" inesistenti di cui si parla ("pur essendo il logos comune, i più vivono con proprio criterio", fr. 2).
Ecco il punto. Amicizie e relazioni sono e saranno sempre transeunti, temporanee, forgiate con passione ma spezzate con molta più sofferenza per coloro che vivono non avendo capito questi assiomi. Non per me. Per me un amico è per sempre; una moglie lo stesso. Quanto dolore provano quelli che dicono “avevo fiducia di lei/lui, ma mi ha tradito, succede sempre così, non mi fiderò più di nessuno”. Hanno giudicato una persona e hanno sbagliato. Dare un giudizio è una cosa seria, sbagliarlo è tragico. La gente giudica in base a cose futili, dà e toglie fiducia in base alle apparenze (o meglio, ai fenomeni); quando sarebbe più prudente non giudicare affatto. “Non giudicare dalle apparenze” è un adagio che suona antiquato rispetto al più brillante wildiano “Solo gli ipocriti non giudicano dalle apparenze”. Non sono tra loro in contraddizione. Tutti siamo portati a giudicare dalle apparenze, ma non tutti abbiamo gli strumenti per farlo. Allora, nel dubbio iperbolico, è meglio vivere sapendo che lo spirito è forte, ma la carne è debole, che noi vediamo la pagliuzza nell’occhio del fratello ma non la trave davanti ai nostr
i.

La legittima difesa, oltre a far innamorare le donne, non è un diritto, ma un dovere:

"Si può giungere ad uccidere per esercitare un dovere: e la legittima difesa è un caso di questo genere. Che poi questo dovere sia poco praticato non meraviglia: perché è certo più frequente che si rinunci all’osservanza di un dovere che all’esercizio di un diritto. Ciò produce una tendenza a cedere alla minaccia e al ricatto. Per evitare un crimine a danni di altri, o anche a proprio danno, non si è più disposti a rischiare. Fonte della legittima difesa non sono dunque i diritti soggettivi che difendo, bensì un principio oggettivo a cui – a differenza di qualsiasi mio diritto – non posso riunziare." – Vittorio Mathieu, Perchè punire. Il collasso della giustizia penale, Macerata, Liberilibri, 2008

I sinistri pensano che i mali dell’umanità siano risolvibili con l’impegno socio-politico, con l’educazione, con il miglioramento delle condizioni economiche, con una maggiore giustizia. Non c’è bisogno di Redenzione perché non c’è nulla da redimere. – Léo Moulin