Intimità unilaterale

Se cerchi consigli su come conquistare l'universo femminile, non chiedere a una donna. Sono dei totali fallimenti nel mettere gli uomini sulla buona strada, garantito. Ne dovessi trovare una capace di consigliare le cose giuste, penso che sarebbe sufficiente per farmela sposare sul momento.

Quello che più o meno tutte dicono, è che bisogna solo "essere se stessi", e una cosa verrà naturalmente dopo l'altra. Vedono con squallore l'idea che un processo di seduzione debba essere qualcosa di forzato e artificiale. Come se a loro il Rimmel sulle ciglia si depositasse spontaneamente, senza che avessero il bisogno di metterlo per attirare l'attenzione sui loro splendidi occhi e sul diametro della loro pupilla. 
In realtà la seduzione ha una fase forzata e una naturale. Molto molto raramente la prima è eliminabile, ma quasi sempre è eliminabile dai ricordi, una volta superata.

Succede quindi che le donne raccontino esclusivamente del loro stato una volta raggiunta la fase naturale, o meglio, l'intimità. Citando Eric Berne, l'intimità è la "franca, immediata espressione di sé, senza elementi lusorii, della persona consapevole, liberazione del Bambino eideticamente percettivo, incorrotto, ingenuo, capace di essere presente nel luogo e nel tempo".
Quello che le nostre meravigliose creature intendono con l'espressione quotidiana "essere se stessi", è esattamente il virgolettato dello psicologo americano.

Insomma, per arrivare all'antitesi del "basta essere se stessi" senza tanti giri di parole, è evidente che nessun rapporto umano tra sconosciuti può cominciare con l'intimità (=essere se stessi). Qualcuno rimedierebbe un ceffone, reale o metaforico. In fondo le società sono state create proprio per questo (evitare l'intimità e i ceffoni).

C'è da dire però che "la percezione eidetica suscita affetto e che la franchezza sollecita sentimenti positivi, cosicché c'è addirittura una sorta di 'intimità unilaterale' – fenomeno ben noto, anche se non con questo nome, ai seduttori di professione, capaci di conquistare gli altri conservando il distacco" (isdem).

Milan – Roma 0-1: la Roma gioca per il pareggio senza reti, ma torna a casa con tre punti.

Nel gelo di una Milano coperta di neve, Max Allegri non manca di onorare la tradizione mutuata da Ancelotti, cioè di perdere clamorosamente l’ultima gara dell’anno solare (si veda quando ancora un Milan in testa alla classifica fu sconfitto a San Siro dall’Udinese, nel dicembre 2003) .

Il tecnico livornese non cambia gli undici che hanno vinto le ultime due partite, quindi con Boateng trequartista e Seedorf in panchina. Ranieri invece lascia in panchina Pizzarro schierando un centrocampo muscolare (De Rossi-Simplicio-Brighi), così come Totti che fa spazio ad Adriano. La scelta del deludente brasiliano potrebbe essere giustificata dall’intenzione di schierare uno schema speculare a quello milanista. Le battaglie 4-3-1-2 vs 4-3-1-2 sono in genere blande e povere di emozioni, e l’impressione che si ha dai primi minuti di partita è che l’obiettivo dei lupi sia proprio quello di portare a casa un punto.

La partita comincia con il Milan che prende in mano il gioco, come prevedibile. Robinho ha subito un’occasione, dopo aver messo a sedere Mexes in area di rigore con la classica pedalata. I terzini rossoneri guadagnano campo sui pari ruolo romanisti, ma mancano di dare luogo a palle granchè pericolose. La differenza nel primo tempo la fa’ la qualità degli attaccanti: lenti quelli giallorossi, intelligenti e mobili i rossoneri. Inoltre, l’atteggiamento in fase di non possesso della Roma lascia un po’ perplessi: a un centrocampo relativamente basso si accompagna una linea difensiva alta. Palloni in avanti sulla corsa risultano facile da servire per i centrocampisti milanisti. Infatti Robinho e Ibrahimovic hanno presto una nitida occasione da gol a testa, che entrambi sbagliano. La qual cosa si rivelerà fatale.Al 21’ minuto Pirlo, che giocava come terzo di centrocampo a sinistra, è costretto a uscire. A questo punto Allegri ha tre possibilità: arretrare Boateng e inserire Ronaldinho o Seedorf, oppure Seedorf nella posizione di Pirlo. Sceglie la terza, e da subito il Milan ne risente tatticamente. A questo si aggiunga che Seedorf giocherà una partita insufficiente. Ancelotti, che per primo aveva scelto quella posizione per l’olandese, aveva smesso di utilizzarlo lì già dal 2007, non ritenendolo più fisicamente in grado di reggere il ruolo. Allegri ci aveva riprovato a inizio stagione, con pessimi risultati (si vedano le sconfitte di Cesena e Madrid). La decisione appare quindi ingiustificabile, se non con una netta sottovalutazione della pericolosità di Menez.

Menez è infatti l’unico giocatore a creare gioco nello scacchiere per il resto piuttosto passivo della Roma. Partendo dal centro e spostandosi alternativamente su una fascia o l’altra, riesce a dare ampiezza e pericolosità alla manovra. Se dalla parte sinistra del campo trova Abate e Gattuso a bloccarlo ripetutamente, dall’altra ha la vita molto più facile, con la possibilità di puntare Antonini in 1 vs 1. E’ infatti da un’azione del genere che nasce il gol dellla Roma, con Borriello che involontariamente mette dentro un cross teso del francese rimpallato da Abate.

Ci si potrebbe chiedere come Allegri avrebbe potuto bloccare Menez pur mantenendo Seedorf in quella posizione. Una soluzione sarebbe stata chiedere a Gattuso di seguire a tutto campo il francese, con gli altri due centrocampisti che sarebbero andati a scalare di conseguenza. Visto la scarsità di inserimenti dei centrocampisti della Roma, è una soluzione che sarebbe stata possibile, ma è difficile vedere qualcosa del genere nel calcio moderno.

Il secondo tempo, a parte il lampo di Menez e con Ranieri che aveva sistemato la difesa nell’intervallo, è proprio quello che ci si aspetta da due 4-3-1-2: noia. E’ scioccante solo la mancanza di un piano B rossonero. Anche sotto di un gol, Allegri non pensa di allestire un’alternativa a quello che si era visto nella prima ora di gioco. Ronaldinho entra solo a 5’ dalla fine, quando ironicamente il Milan comincia ad affidarsi alle palle lunghe, con Seedorf spostato nella posizione di regista.

In sintesi, una Roma che era giunta a Milano per difendersi, torna a casa con i tre punti grazie all’unico giocatore a dare larghezza al gioco: Menez. Ad Allegri sono mancati i gol: se non Robinho, di sicuro Ibrahimovic ci aveva abituati a non sbagliare occasioni così nitide (almeno due oggi). Il Milan è anche sembrato preoccupantemente privo di idee su come ribaltare la partita, una volta in svantaggio.

Ave al divano

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; / Anche di notte il mio cuore mi istruisce – Salmo 15

Thou hast nor youth nor age, / But, as it were, an after-dinner’s sleep, / Dreaming on both – W. Shakespeare

Mi compiaccio di avere cominciato il post con due citazioni, come avrei fatto nei fasti dei tempi andati. La mia passione per il dormire è atavica. Mediamente nove ore, altrimenti il giorno dopo sono nervoso e granché inconcludente. Ma fosse solo questo! La verità è che le migliori idee della mia vita mi sono venute mentre dormivo. Però, non durante il dormire di notte a letto. Che indubbiamente è sempre molto buono, ma non è il massimo.
Il massimo è l’abbiocco sul divano, dopopranzo. In quello stato di dormiveglia sembra attivarsi al massimo il mio maestro interiore e il mio lato creativo. Anche di notte il mio cuore mi istruisce, come dice il salmista. Anche quando mi abbiocco dopopranzo.

In The Mentalist, il protagonista Patrick Jane passa ogni momento libero disteso sul divano che ha fatto posizionare in un angolo dell’ufficio. Coincidenze?
Sembra di no. Il mentalist sa bene il fatto suo, anche riguardo al divano.

Salvador Dalì usava distendersi sul divano con un braccio penzolante che teneva un cucchiaino sul bordo di un bicchiere. Quando si appisolava il cucchiaino, cadendo nel bicchiere, lo risvegliava. In questo modo sfruttava al massimo la dormiveglia, senza che le idee che la sua mente elaborava andassero cancellate dal sonno.
Che poi non si chiama dormiveglia, bensì stato ipnagogico. In questo stato le onde celebrali scendono al livello theta. Si hanno in genere sogni brevissimi e molto vividi. Eccetera eccetera.

Insomma… Divano divano, divampante fulgore… Salga il coro. Ave al divano.

Barcelona – Real Madrid 5-0: per Mourinho il più classico degli incubi, ma ad occhi aperti

Puntuale come il regionale per Berna, è tornato il Barcelona a funestare le notti d’autunno di Josè Mourniho. Dall’eliminazione in Champions ai tempi del Chelsea, alla figuraccia rimediata dall’Inter giusto un anno fa. E ieri il peggior capitombolo della storia del Real Madrid.
Pep Guardiola non si cura di eventuali squilibri difensivi schierando Dani Alves sulla destra; Iniesta arretra a centrocampo con Xavi e Busquets, Pedro è il terzo attaccante con Leo Messi nel ruolo di falso nove.
Mourinho sorprende tutti non facendo il mourinhano: non tocca il suo 4-2-3-1 lasciando Özil in campo al posto di Lassana Diarra. Probabilmente avrebbe voluto evitare le critiche della stampa spagnola che non mancano di definirlo “difensivista”, ma alla resa dei conti è stata la scelta peggiore che potesse fare.

Il vantaggio numerico del Barcelona a centrocampo (3vs2) si fa sentire sin dall’inizio, ancor di più nelle occasioni in cui Messi scende a prendere palla (e lo fa frequentemente). Se a questo aggiungiamo un non eccelso contributo di Ronaldo e Özil alla fase difensiva, risulta logico il dato del possesso palla dopo 20’: 70-30 per il Barcelona.
Infatti il punteggio è già sul 2-0: nel primo gol Iniesta, dopo essersi attirato l’attenzione di Alonso, Khedira, Ramos e Pepe, mette un filtrante per Xavi, mal tenuto in gioco da Marcelo. Nel secondo è Villa, dalla linea di fondo, a incantare tutti I 4 di difesa del Madrid. E’ dato a Di Maria il compito di seguire Pedro, che ovviamente sulla palla in mezzo lo anticipa. Incredibile come I due centrali, Pepe e Carvalho, ipnotizzati dal pallone non si siano curati di eventuali tagli alle loro spalle, e ancor di più di dove diavolo fosse Villa.

Il Barcelona a questo punto metta la folle e il Real Madrid sente di dovere fare qualcosa in più. Ma i terzini bianchi, Sergio Ramos e Marcelo, hanno ormai troppo paura: non si fidano a mettere la punta del piede oltre metacampo. Così facendo è molto dura, visto che I raddoppi sulle fasce verso Ronaldo e Di Maria risultano facilissimi. Una punizone da 30 metri di Ronaldo è infatti l’occasione migliore per il Real Madrid.
Il secondo tempo si apre con un enigma: uno spento Özil fa posto a Lass. Sembrerebbe una mossa per “non prenderne dieci”, ma dai primi minuti si capisce che non è così: Morinho vuole un rubapalloni in più in mezzo al campo per spezzare il possesso palla avversario. La manovra non riesce molto, e anzi l’unico effetto che procura è un uomo in meno in attacco per il Madrid, senza che Marcelo e Ramos si sentano di poter spingere quanto dovrebbero.
A questo punto si aggiunge la follia delle follie. E’ chiaro che entrambe le squadre tendono a tenere una difesa alta, e sono vulnerabili sulle palle a scavalcare l’ultima linea. Si vedano i due recenti gol di Pippo Inzaghi contro il Real Madrid. Pep Guardiola sembra aver catechizzato bene i suoi, che infatti tengono bene i quattro relativamente bassi. La linea difensiva del Real Madrid invece, progressivamente si alza.

Messi scende ancora più a centrocampo, non seguito dai centrali avversari, mantenendo quindi la superiorità numerica del Barcelona (4vs3). A questo si aggiunge l’opzione in più rappresentata da Dani Alves, sempre alto in fase di possesso con la difesa della squadra di casa schierata a tre. Villa e Pedro si allargano all’inverosimile sfidando direttamente I terzini. Da palloni a scavalcare la difesa sulla corsa di Villa, Pedro, e successivamente Bojan, nascono gli altri terzo gol blaugrana.

In conclusione, Mourinho ha dimostrato di sapere come fermare il Barcelona, ma sembra di non averlo voluto fare, optando per un altro tipo di partita e sbagliando totalmente la gestione in corso gara. Guardiola ha dato l’ennesima dimostrazione della qualità del gioco espresso dal suo collettivo.

Si, nella vita ci sono uomini fiacchi, incapaci di superarsi. Di una felicità mediocre fanno la loro felicità, dopo aver soffocato la parte migliore di sé. Essi si fermano in una locanda per tutta la vita. Si coprono d'infamia. Essi chiamano felicità il marciume sulle loro misere provviste. Rifiutano di avere dei nemici al di fuori e dentro di sé. Rinunciano ad ascoltare la voce di Dio che è necessità, ricerca e sete indicibile. Ma io ti prego per me: svegliami, Signore. Alla vita viva. – Antoine De Saint-Exupéry

Leva militare

Più di qualche anno è passato dall'abolizione della leva militare, accolta con grande felicità da chi l'avrebbe scampata (me incluso), dai più con apatia generale data dall'assuefazione a veder cadere uno per uno i pezzi di quello che era un "vecchio mondo", secondo l'assunzione presunta ma mai giustificata che così dovessero andare le cose. Immagino che ben sparuto sia stato il gruppo di chi sollevava qualche dubbio (un'esercizio cartesiano che la filosofia imperante vuole ben applicare al "vecchio" ma mai al nuovo che avanza, al sol dell'avvenir) sull'effettivo bene dell'azione.

Di sicuro però, dello sparuto gruppo avrebbero fatto parte colui che tempra "lo scettro a' regnatori", Machiavelli, la maggior parte degli strateghi della Grecia classica (Temistocle, lo stesso ultracelebrato Leonida) fino ad Alessandro Magno. La lancia greca non avrebbe sconfitto la turba dei persiani a Maratona se non fossero stati privati cittadini che lottavano per difendere la propria libertà, così come ciò non sarebbe accaduto a Isso, dove più di centomila persiani scapparono senza combattere perché appunto sudditi, e non cittadini.

Se mai l'Europa dovesse trovarsi una guerra ai propri confini, e l'ipotesi è remota ma non remotissima, si troverebbe in seria difficoltà, come ha già dimostrato quando chiamate dagli americani, tanto che oggi il suo potere di persuasione diplomatica è tendente a zero. Come insegnavano i latini, si vis pacem para bellum. Dicevo che l'ipotesi è remota ma non remotissima per due questioni fondamentali: 1. La questione energetica alle porte. L'Europa dovrà presto rendersi indipendente energeticamente, da petrolio e gas naturale. La scarsità di queste risorse sommata alla loro instabilità geopolitica potrebbe creare un focolaio non indifferente. 2. Il debito pubblico. La bilancia commerciale di tutto l'occidente è in passivo fin dagli anni '90 (a questo è legato l'impoverimento della classe media), il debito pubblico non è mai stato così alto e i keynesiani non demordono; in più si aggiungono iniziative totalmente stupide come Kyoto, giusto per creare altro debito. Chi possiede la maggior parte del debito pubblico americano? La Cina. E se gli USA non potranno pagare, oppure la Cina cercherà di assoggettarli e loro non ci staranno, la sola soluzione è la guerra.

Ammettiamo che i nostri militari volontari siano comunque valorosi e volenterosi di lottare per la propria libertà. Il problema è però il "fronte interno". Quello che ha determinato la sconfitta degli americani in Vietnam. La realtà dell'esercito, con sempre meno ragazzi (e quindi famiglie) che ne hanno fatto esperienza, diventerà sempre più lontana, quindi apparirà sempre meno giustificabile. Ad un certo punto la sconfitta sembrerà l'opzioni preferibile, come ad un malato a cui è ormai diventata familiare la sua malattia. Inoltre se mai ci fosse bisogno di un "surge", avremmo solo un mucchio di ragazzi che non ha mai preso in mano un fucile.

Terzo punto, gli effetti della leva militare a livello personale. Perdere un anno di vita non è bene per nessuno, e infatti questo andrebbe tagliato dalla scuola (che invece ne occupa decisamente troppi). Sappiamo poi quante persone abbiano fatto carte false pur di evitare la leva. E' per lo più a causa di un atteggiamento infantile e totalmente irrazionale. Come un bambino che non si vuol vaccinare perché ha paura dell'ago. Questi razionalizzano dicendo di essere contro la guerra e le armi. Ma la leva militare non ti fa uccidere nessuno, e comunque l'inserimento di persone non-violente nell'esercito dovrebbe essere solo un bene. Mitiga l'ambiente.

Temo che l'abolizione della leva assieme alla crisi della pedagogia formi giovani sempre più instabili emotivamente, con conseguente aumento dei casi borderline. Questo è male per loro, per le donne che li sposeranno e per i loro figli, quando divorzieranno o finanche uccideranno la moglie perché lei vuole lasciarli. Spero di avere torto su tutto, eppure non posso mandarlo giù come fosse un bicchiere d'acqua fresca.

A volte la tua normalità è scossa alle fondamenta. Non da un evento catastrofico, ma da un dettaglio quale una frase che sa come colpirti nel posto giusto. Ero ancora un ingenuo Warrior nel mondo di Warcraft, in un momento di grande coinvolgimento nel gioco, quanto di immensa sterilità nella mia vita. Un personaggio, facente parte di una carovana, ti sottopone una serie di domande per leggere la fortuna, e quindi,  come nella miglior tradizione orientale, ti affida un rotolino con scritta la sentenza per te: "Your first love and last love is self-love".
Non posso dire di averla mai capita del tutto, ma quel rotolino lo conservo ancora, e quella frase è scolpita da qualche parte nel mio cuore.