Prima è arrivato Camillo, che raramente sbaglia sulla musica. Le canzoni di questo disco hanno cominciato ad assillare le mie orecchie, senza che ne fossi consapevole. Consapevole che il titolo del disco e della sua canzone rappresentativa sono quello di un'opera di Elemire Zolla. Tre indizi fanno una prova, si dice.

Ci salveremo disprezzando la realtà

Ieri c'è stato il concerto del primo Maggio. Con la solita retorica benpensante e ignorante (ma non è su questa che mi voglio soffermare). In mezzo a tutto, a un certo punto i Baustelle hanno cantato "e questo branco di coglioni sparirà".

A Giuliano Ferrara invidio molte cose, in particolare la ricchezza ed eleganza del lessico, nonché la sua dannata precisione nel puntare la verità delle cose. Capita allora che riesca a condensare in una frase la maledizione di tutta la biologia evoluzionista, il perché tutto l'edificio sia e sarà ancora a lungo contestato: "Narrazioni storiche e leggi, anche questa è una questione fondamentale. Darwin rende conto della realtà ma non stabilisce concatenazioni che siano nomos della natura". In altre parole, la mancanza di matematica.

Balotelli Qohèletiano
Balotelli lancia un’alga di disillusione a tutti gli infatuati, i religiosi del calcio. Con violenza afferma che quello in cui credi – la maglia, l’onore, l’abnegazione – è vanità (fumo di fumi) qoheletiana.
E’ l’eterno dilemma del calcio tra dilettantismo e professionismo (come già scrisse il Foglio in tempi già sospetti quanto quelli odierni).
Lui è un professionista, certo. Un professionista risponde legalmente, non moralmente, delle sue azioni. Se getta la maglia a terra, va multato. Se non si impegna, va multato di nuovo. Infine venduto.
Se prende più soldi di quanti ne meriti, la colpa non è sua. Chi è così senza peccato da non firmare un contratto milionario per giocare a pallone?

La carta d'identità è obbligatoria in Italia dalla notte dei tempi, per cui, nel nostro paese che è innegabilmente e incurabilmente imbevuto di cultura progressista, nessuno mette in questione la giustificazione della loro esistenza. Invece in Inghilterra, paese di cultura conservatrice, questa non esiste, nonostante la recente proposta del Labour di introdurla. La carta d'identità non esiste e gli inglesi hanno sempre vissuto benissimo! Stento a crederci anch'io. Eppure è la realtà. Cosa succederebbe in Italia se qualcuno (la Lega) proponesse la loro abolizione? Probabilmente assisteremmo al solito teatrino di stampa e gruppi di potere, onda agitare e sdegnare quella parte della popolazione a cui piace essere lusingata con l'attributo di pensante e razionale, in contrasto con quegli ignoranti leghisti, quando in realtà sono le elite a decidere cosa deve pensare.
Nessuno invece metterebbe in discussione quale formidabile progresso è la carta d'identità elettronica, che consente di catalogarti ancora meglio!

Charlie Skelton, un noto umorista inglese, scrive sul Guardian:

"I can tell you this from personal experience: the onus upon the individual to carry with them some external proof of their identity is transformative of his or her status as a human being. The identity card turns you from a free citizen into a suspect. It is a spanner with which to beat the individual around the head. It is the end of everything. And how much easier to put all that information inside a microchip so you don't have to carry around that pesky card all the time. How much more efficient!

Listen. I don't care if you don't love liberty. For the love of yourself: fight identity cards. Don't let them happen. STOP IDENTITY CARDS. Stop identity cards. And while you're about it: stop identity cards".

"Ti devo fare ascoltare qualcosa; diventerà la canzone della tua vita". Basta poco per capire che mi sarò innamorato di questi quattro ragazzi. Ancora prima di ascoltare una sola canzone, basta la pagina di Wikipedia: "The band formed in late 2007, rising out of London's folk scene". Con London's folk scene mi sono già fregato. Questi qui sanno di Inghilterra che non c'è più. Dell'aria dei pub dei sobborghi londinesi.

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo». – Marco 7,14

Principalmente Gesù si riferiva ai cibi. Nei versetti successivi estende il ragionamento al male. Un'ulteriore prova, se ce ne fosse stato bisogno, dell'inconsistenza e dell'assurdità del contrattualismo.