Turiste straniere – parte uno

Se non fosse che si può fare qualcosa per cambiare il verso delle cose. Kine, la tua sfrontatezza ha qualcosa di divino. Come puoi ripetere ad alta voce “Milf milf… Do you like milfs?” a tutti i gruppi di turisti in cui ci imbattiamo? Si può, si deve. Così succede che un gruppo di ragazze risponde qualcosa e si mette a ridere.
A questo punto il tempo nella mia mente si ferma. Acumina i sensi, Spuz, e pensa rapidamente. I miei amici continuano a camminare, prendendo qualche metro. Io rimango immobile. Mi giro piano verso le turiste, due di loro stanno ancora ridendo e ripetono “giapponesi”. Giapouneisi. Ora o mai più. “What makes you laugh about giapponesi?”. Ben fatto, situational opener. I miei compari si accorgono presto che ho aperto il set, e vengono in mio aiuto. Ben presto siamo invischiati nella conversazione. Il Mose comincia subito a parlare di Nba e football (Did you watch the superbowl?). Io, complice l’oscurità, complice il vino, mi ritrovo appiccicata la più brutta del gruppo. Alla quale mi dimostro estremamente socievole. E però conquista subito punti: dice di essere di Seattle. Nirvana! – esclamo in un’espressione di gioia. Annuisce. Poi parla di calcio, e lo chiama football (cosa che tradisce una sua permanenza abbastanza lunga in Europa): tifa A.C. Milan, come viene chiamato al di fuori dell’Italia. Tutto ciò è buono ai miei occhi, la tipa sta guadagnando in simpatia. Ti piace Beckham? Chiedo – come era stato suggerito dal demonio in me abituato alla mediocrità, seguendo il semplice sillogismo Beckham-America-Milan. Con grande sorpresa, mi risponde spiacente che il suo giocatore preferito è Massimo Ambrosini. Cosa? Massimo Arsenio Lupin? Lei non lo sa, e probabilmente non lo saprà mai, ma in quel momento avrei potuto sposarla. Chiunque preferisca Ambro sopra Ronaldinho o Beckham ha capito tutto di calcio e probabilmente abbastanza della vita.
Con un agile salto il discorso passa alla politica, dove posso compiacermi del mio spirito conservatore, crogiolarmi nel mio realismo e cinismo, gongolare nella mia superiorità dorata (Orazio mi perdoni). Perchè la nostra brava e intelligente ragazza è naturalmente Democratica ed elettrice di Obama; altrettanto naturalmente delusa dalla sua presidenza. Rido sotto i baffi, perchè vedo passare davanti ai miei occhi come in un film il mito che tutte le sinistre europee hanno costruito per loro, e che ciecamente continuano ad adorare. Mi guarda con occhi sbarrati quando le dico che sono un conservatore (ma prima mi chiede se conservatore vuol dire repubblicano) ma mi piace Obama. Li sbarra ancora di più quando continuo affermando che sarà un buon presidente, perché l’America è un grande paese e ha reso buoni presedenti persone più mediocri di Obama. Tento di spiegarle, senza grande successo, che si è scontrato con la realtà della difesa e della sicurezza nazionale, e non ha potuto fare a meno di riconoscere che la politica da tenere era quella dell’ex-presidente; salvo renderla cool come neanche il demonio saprebbe fare. Mi parla dei suoi studi, che non capisco bene ma devono riguardare qualche strano impasto umastico tipicamente americano. Dei suoi gusti letterari: il suo libro preferito è The Catcher in the Rye e insieme ci commuoviamo sulla fresca salma di Salinger. E Jane Austen. Come tutte le ragazze per bene. Ma ormai siamo già in prossimità di piazzale Roma; mi chiede qualcosa sul ponte di Calatrava e brevemente le spiego la storiella.
Nel lasciarci si premura lei di dirmi di contattarla su Facebook (ahimè). Ora, io che mi dò arie di saper gestire l’inglese, non chiedo che mi scriva il suo nome. Basta sentirlo. Quello che capisco è Bailey Philips, come i televisori più una storpiatura di quella cioccolata calda che spacciano come alcolica. Infatti faccio anche un apprezzamento per il suo nome, e risulta molto sorpresa. Il giorno dopo amaramente avrò capito perché: non si chiama Bailey ma Molly. Ai limiti dell’indecenza. Forse l’unica cosa che può redimere un nome del genere è una cover che i Nirvana hanno fatto di un gruppo scozzese dal titolo Molly’s Lips. Lo stesso però la mia bocca raffinata non riuscirebbe a pronunciare un nome del genere, e un degno sostituto nascerà successivamente dall’ispirazione che sempre mi coglie scrivendo messaggi: la bruttona di Walla Walla. Non mi si faccia torto, che io non passi per un bruto: ricordo che per una manciata di secondi l’avrei anche sposata.
Ci salutiamo con la promessa di risentirci digitalemente, io con l’amaro in bocca di essermi intrattenuto con la meno appetibile del gruppo. Ora ci immergiamo di nuovo nella città silenziosa, per andare al chiuso il più presto possibile, sederci ad un tavolo, e godere delle ultime ombre di rosso che il nostro corpo può sopportare.

Turiste straniere – Parte zero

E’ una pungente serata d’inverno. Abbastanza da indurti a chiuderti volentieri in qualche pub a discutere dei massimi sistemi di fronte al tumbler di whiskey. Eppure è Carnevale, e le calli affollate di Venezia daranno lo stesso calore. Brodskij non sarebbe mai stato d’accordo pur amando l’inverno; ma lui a Venezia ci doveva arrivare dalla Russia e quindi l’investimento era da valutare bene, io ho un quarto d’ora. E poi ne ho ancora di strada da fare per raggiungere il vecchio comunista.
In questa pungente serata quattro ragazzi si apprestano a tuffarsi nella folla (ma, rubando a San Paolo, nella folla ma non della folla), e per affermare l’estraneità il ricorso più semplice è sempre immergersi nell’”arcano mistero del sangue del Signore”, come scriveva qualcuno.
Quattro come siamo potremmo essere l’A-Team, se non ci mancasse il negro. Oppure i Ramones, fossimo tutti cappelloni. Ad ogni modo quattro è il numero che conserva la compatezza nella forza del gruppo. Quattro è il numero del mondo (tre della divinità più il demonio). A cinque già la dispersione comincia a prevalere.
Quella dei quattro scazonti a cui piace fendere a lunghi passi l’aria spessa, in attesa di buttarsi dal prossimo taverniere, potrebbe essere una sera delle solite. Quando i sensi si obnubilano la lingua si scoglie, e i discorsi sui massimi sistemi scivolano una volta in secondo piano. Prospettive sogni ricordi. E poi di nuovo. Rinse and repeat – dicono oltremanica. Al culmine del percorso affiorano foschi pensieri. Si torna a casa con dignità. Ci si addormenta di schianto, e ci si sveglia la mattina dopo nella delusione, perchè omne animal triste post coitum. Quindi la domenica, triste e carente d’equilibrio perchè ancora ubriaco, tocca sorbitri le preoccupazioni di tua nonna sulla gioventù malata d’oggi, e spergiurare che nè tu, nè i tuoi amici, nè gli amici dei tuoi amici appartengono alla categoria. Appena ti sei liberato della vegliarda, ti tuffi per il resto della giornata nel Qohelet, nel libro di Giobbe o in qualsiasi altra cosa offra l’Antico Testamento.

Mi sembra che a molti sia sfuggito una sottile ma strabiliante conseguenza della costruzione della prima cellula artificiale. "Ha fatto pezzetti, ciascuno di 10 mila lettere di codice, poi li ha assemblati insieme fino a creare un genoma di oltre un milione di paia di basi. Poi ha inserito il genoma artificiale in un batterio svuotato del suo Dna e ha costruito una nuova forma di vita che funziona e si riproduce" – riporta il Corriere. Cioè la cellulla è stata programmata da un essere intelligente. E la cellula è vita. Sorprendente attacco al materialismo: la vita si crea grazie a un essere intelligente. Da qualche parte in America parlano di un Designer.

Mike Plato sbarca in televisione, a Mistero su Italia 1. La cosa mi rende diffidente, perché in genere la Verità non va in onda in prima serata. Però sono curioso di vedere come porterà la sua furia essena sullo schermo. Lo guarderò come Qohelet scrutava gli schiamazzosi esseni del suo tempo, sghignazzando dai margini dell'assemblea, pensando: anche questo è fumo, vento che ha fame. Oppure come il saggio Aragorn, dal suo angolo buio, orecchiava i discorsi degli avventori della locanda del Puledro Impennato.

Rough Type. Così si chiama il blog di Nicholas Carr, un cavaliere errante che da solo lotta contro l'utopia della tecnologia e delle attività sociali online. E' un duro perché ha la forza della verità, è un conservatore nel senso altissimo della parola. Mi ricordo quando due anni or sono mi imbattei nell'articolo che lo portò alle luci della ribalta (Is Google Making Us Stupid?) e con meraviglia vedevo scritto il mio preciso rapporto con il computer e con internet, che non avevo mai trovato le parole per descrivere.

By putting the means of production into the hands of the masses but withholding from those same masses any ownership over the product of their work, Web 2.0 provides an incredibly efficient mechanism to harvest the economic value of the free labor provided by the very, very many and concentrate it into the hands of the very, very few.

Inutile dire che ho già ordinato il suo prossimo libro: The Shallows: What Is Internet Doing to our Brains.

Sono stato tentato. Dopo più di un anno ho rimesso piede nella Feltrinelli di Mestre. Ho resistito.
Dieci minuti e avevo già mal di testa. Come quando avevo sedici anni, mi sono messo a rovistare furiosamente tra i dischi per il gusto di verificare se mai potesse loro capitare di avere della buona musica. Ovviamente no, a parte un ottimo album degli Alter Bridge tristemente abbandonato nella pila delle offerte speciali a 9,90€. A sedici anni l'avrei comprato subito, non oggi. Sconsolato, ho allora sentito il bisogno di indignarmi un po' per i gruppi classificati sotto Hard'n'Heavy: Green Day, quelle checche degli Aerosmith, altri clienti della Chicco vari.
Poi i libri. Fisso nella memoria l'elegantissimo volumetto di Baudrillard con cui infransi per la prima volta (prima di due) il voto di non arricchire più Carlo Feltrinelli e eredi col mio denaro. Temevo un ritorno dell'uguale. Ed ecco un altro libricino perfetto che mi capita tra le mani: il Cantico dei Cantici tradotto e commentato da Guido Ceronetti. Edizione Adelphi, dietro una frase così bella su donne e Sapienza che non me la ricordo. Sono stato tentato. Ho resistito.

Mamme per caso
Qualcosa può bucare la banalità (del male) della televisione. Sapevo da tempo che Mtv aveva un programma, 16 and Pregnant, dove raccontava storie di mamme teenager. Ho provato a guardarlo ma sembrano molto puntate di Beautiful — più l'orribile doppiaggio italiano. Invece mi sono imbattuto in un video della redazione italiana di Mtv sulla storia di Lora, anche lei trovatasi incinta a 16 anni. Tutta un'altra cosa.
La pietas che mi ispira il mistero delle nuove vite, mi impone wittgensteinamente di osservare in silenzio. Bastano le parole di Lora (diventata saggia come Juno): "Principalmente devi imparare da lui [il bambino]. Quella è semplicemente la vita pura
".

Manipolazione 
"Disse ancora ai suoi discepoli: "È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!" (Luca 17,1-3)

Nell'ultimo periodo, spesso si è visto utilizzare questi tre versetti per attaccare l'organizzazione corrotta della Chiesa. Secondo chi li riporta, Gesù condannerebbe duramente i pedofili. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, se non che Gesù, da buon Messia, valuta nulla la violenza e la sofferenza corporale (assolve infatti una prostituta e manda in paradiso un ladrone). La conclusione del sillogismo di chi riporta questi versetti, a volte implicita ma comunque evidente, è che la Chiesa stessa ha tradito il suo Maestro. Purtroppo, ironia del Logos, gli indignati laicisti di tutto il mondo stanno con fierezza sbandierando solo la loro condanna ultima.

Mìkroi non sono i bambini bensì gli umili di manzoniana memoria. Chi ha fede senza che in lui il supporto razionale sia totalmente sviluppato, non deve essere scandalizzato, ovvero porgli qualcosa d'inciampo. Dire a qualcuno che è stupido perché crede in Dio, ha questa conseguenza; terribile per gli Ebrei di allora, che credevano che a chi fosse morto annegato sarebbe stata tolta la risurrezione.

λυσιτελεῖ αὐτῷ εἰ λίθος μυλικὸς περίκειται περὶ τὸν τράχηλον αὐτοῦ καὶ ἔρριπται 
εἰς τὴν θάλασσαν ἵνα σκανδαλίσῃ τῶν μικρῶν τούτων ἕνα.