Molte persone pensano che mangiare sano voglia dire mangiare secondo ricette e prodotti tradizionali, preparati con cura dalla mani sapienti della nonna o di un buon cuoco. Se si va al di là di un’analisi superficiale, questa credenza popolare risulta tuttavia infondata. Contemporaneamente vengono demonizzati i fast-food o il kebabbaro sotto casa, probabilmente a causa della sclerosi dell’abitudine, di un certo nazionalismo dell’ora di pranzo o semplicemente della pura ignoranza.
Prendiamo la pizza, per esempio. È un alimento molto calorico, con una pessima ripartizione dei macronutrienti (una quantità sproporzionata di carboidrati), a volte non di grande qualità, se ad esempio il pizzaiolo usa pasta addizionata con glutine. Ovviamente si può fare qualcosa: prendere una pizza con qualche verdura e delle proteine, chiederla con farina di kamut, che tassa decisamente meno il sistema digerente. Ma un pasto che sia esclusivamente composto da una margherita con patate fritte (cosa di cui il sottoscritto — ammetto — andava matto), lasciatemelo dire: fa schifo.
Lo stesso, più o meno, si può dire di un buon piatto di spaghetti al pomodoro. Tanti carboidrati, poco del resto, e un abbiocco garantito.
Il problema, il grosso problema, è che la dieta non è come un’aspirina né come un bicchiere di whisky. Un’aspirina la prendi e ti senti subito meglio; il whisky lo bevi e sei subito andato. Gli effetti della dieta entrano in gioco ad anni di distanza. A me una pizza addizionata con glutine dà mal di pancia subito, ma non credo che tutti abbiano (la sfortuna di avere) un rilevatore integrato del genere. Magari hai cinquant’anni e ti viene diagnosticato un cancro e pensi, che sfiga, proprio a me. Lo accetti come un bravo agnello sacrificale, pensando che è così che va il mondo, e nel frattempo porti i tuoi figli a mangiare pizza con le patatine fritte, per tenerli su di morale. Non pensi che quarant’anni di dieta hanno infiammato il corpo portandolo a un risultato del genere.
Oppure ti viene un attacco di cuore a sessantacinque anni e stavolta pensi, che diamine, la vecchiaia. Balle, grandissime balle.
Non ho intenzione di diventare un vecchio cardiopatico o arteriosclerotico (prima ancora di non avere intenzione di diventare vecchio), quindi non ho intenzione di fare una dieta che mi infiammi, per quanto questo possa sembrare un tantino eccentrico e strappare un sorriso a qualcuno che — dice — (soprav)vive benissimo con la sua sana dieta tramandata dagli antenati (nota, la dieta degli antenati ha più o meno cinquant’anni ed è stata forgiata dall’eccellente programmazione televisiva degli anni ’60-’70). Aspetterò tutti questi alla soglia dei cinquant’anni.
Detto tutto questo, mi sono imbattuto in un eccellente post sul blog di un certo Dr. Art Ayers (nato a San Diego, CA e Ph.D. in biologia molecolare, cellulare, e dello sviluppo, qualsiasi cosa voglia dire) dove riassume le linee guida di una dieta anti-infiammatoria. Mi è piaciuto perché è molto semplice, che non vuol dire che sia facile, ma che è evidentemente frutto di analisi complessa che è stata coagulata in modo cristallino.
Componenti di una dieta anti-infiammatoria (focalizzati su carne, pesce, uova e verdure a foglia):
- Bassa in amido e altri zuccheri semplici: l’insulina e la glicemia alta sono infiammatori; quindi usa polisaccaridi complessi (niente amido); amido solo in piccole quantità (mezza banana o una metà di un panino da hamburger) e preferibilmente in forme non trattate e meno assorbibili, per esempio integrale o coperto con grasso — pane col burro; meno di 30 g in ogni pasto, ancora meno è ancora più salutare, i cereali sono spesso un problema — intolleranza al glutine
- Niente sciroppo di mais alto in fruttosio (questo è usato solo in America, niente paura): alto fruttosio libero (in contrasto col saccarosio) è infiammatorio e contribuisce al crosslinking delle fibre di collagene, che significa pelle che invecchia prematuramente; il saccarosio è molto meglio che dolcificanti alternativi
- Alto rapporto omega-3 su omega-6: la maggior parte degli oli vegetali (quello di oliva è l’eccezione) sono molto alti in omega-6, sono infiammatori e devono essere evitati; i grassi omega-3 da olio di pesce non possono avere il loro completo impatto anti infiammatorio in presenza di oli vegetali; integratori di omega-3 sono necessari per superare una presente infiammazione — da prendere assieme a grassi saturi
- Niente grassi saturi trans: sono tutti infiammatori
- Probiotici e prebiotici: i batteri nello stomaco sono di vitale importanza nel ridurre l’infiammazione; la maggior parte dei batteri che inizialmente colonizza i bambini allattati dalla mamma e che sono presenti in prodotti fermentati sembrano essere buoni; il latte in polvere converte velocemente i batteri dello stomaco del bambini in specie infiammatorio e dovrebbe essere completamente evitato per quanto più a lungo possibile, per permettere lo sviluppo del suo sistema immunitario (almeno sei mesi di esclusivo allattamento)
- I grassi saturi sono salutari e riducono la perossidazione degli omega-3 nei siti di locale infiammazione (per esempio il fegato grasso). I grassi saturi dovrebbero essere la maggior fonte di calorie nella dieta.
- Antiossidanti vegetali: frutta e verdura, insieme a caffè e cioccolato forniscono antiossidanti anti-infiammatori molto utili
- Integratori quotidiani consigliati: 1000 mg vitamina C; 2000-5000 IU vitamina D (per produrre livelli sanguigni di 60 ng/ml); 750 mg glucosamina
- Componenti dello stile di vita anti-infiammatorio: esercizio fisico (sia aerobico sia forza); minimizzare il grasso corporeo; igiene dentale; stimolazione del nervo vagale