Quanto manca alla vetta?
Tu sali e non pensarci.
Archivio mensile:Marzo 2007
Al direttore – Piccolo contributo alla dimostrazione dell’esistenza dell’inferno, soavemente ribadita lunedì da Papa Ratzinger, mediante la corretta interpretazione di un verso pagano che a torto abitualmente si pretende che la neghi. “Hic Acherusia fit stultorum denique vita” (“l’inferno è la vita dei cretini quaggiù”): da questo celebre detto di Lucrezio (De rerum natura, III, 1023) si deduce abitualmente che quel sublime poeta pensava che l’inferno non esistesse. Errore, grave errore. Il verso dice che esiste. E rivela pure dove. Non nel mitico Acheronte ma dovunque infuri la stoltezza umana. Massima espressione della quale, com’è noto, erano, a suo avviso, i sacrifici umani del suo tempo. Che però oggi lui stesso, se fosse fra noi, si vedrebbe costretto a giudicare ormai superati dai più illustri olocausti moderni. Vedi gli eccidi e i lager dei fascismi neri. Vedi le stragi e i gulag dei fascismi rossi. Vedi infine quella suprema espressione della stultitia umana che è la recente creazione, in quell’Acheronte che scorre da sempre quaggiù, di quelle sublimi istituzioni pedagogiche, dette scuole coraniche, che assicurano oggi l’incessante produzione in serie di fanciulletti votati all’esecuzione di quell’atto squisitamente infernale che è il suicidio stragista. L’inferno non divampa mai più allegramente come quando se ne nega l’esistenza.
Ruggero Guarini
E’ l’inverno più caldo da centoventicinqueanni a questa parte – dicono. Ho una semplice domanda: e centoventisei anni fa, cosa successe perchè fosse più caldo?
Tutto è già stato
Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso.
L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!
Guarda questa porta carraia! Nano! Continuai: essa ha due volti. Due sentieri convergono qui: nessuno li ha mai percorsi sino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all’indietro: dura un’eternità.
Si contraddicono a vicenda questi sentieri; sbattono la testa l’un l’altro: e qui, a questa porta carraia essi convergono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo". Ma chi ne percorresse uno dei due – sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?
Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo".
Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse aver già percorso un’altra volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che “possono” accadere essere già accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che ne pensi tu, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l’una all’altra in modo tale che quest’attimo trae dietro di sé tutte le cose a venire? Dunque anche sé stesso? Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche questa lunga via “al di fuori” – deve camminare ancora una volta! E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna, e persino questo chiaro di luna, ed io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti – non possiamo esserci tutti stati un’altra volta?
E ritornare a camminare in quell’altra via al di fuori, davanti a noi, in questa orrida via – non dobbiamo ritornare in eterno?
Tutto è già stato.
Tre corsivi
«Un caso da manuale di autismo digitale — commenta Andreoli —. Si finisce per sostituire col cellulare le persone reali. La tentazione è forte: sul video si cancella con un dito quello che non piace, si fa tacere subito la voce che non si vuole sentire. Pensiamo invece a quanto è difficile far tacer la mamma o il fidanzato assillante dal "vero"».
I genitori sono sempre una magnifica scusa. “Rossi cosa fai con quel telefono? Spegnilo immediatamente e portamelo”. “Ma prof c’è mia madre che non sta bene devo restare acceso”, e comunque è vero, i genitori chiamano i figli in classe per avvertirli che questo weekend si va a sciare, o che faranno tardi al lavoro, o per sapere com’è andata l’interrogazione. “Prof se vuole le passo mia madre, lei è d’accordo che lo uso a scuola”. “Prof se lo spengo mio padre arriva a scuola”. E una preside di una scuola media in provincia di Bologna è stata denunciata da un genitore perché aveva sequestrato il telefonino al figlio che lo usava durante le ore di lezione.
Eravamo evasi da una scuola sgangherata, dove era difficile attirare e tenere l’attenzione degli studenti. Con i telefonini le cose sembrano peggiorate molto. “Ma di rimedi si discute?”. “Di rimedi a cosa? Alla scuola com’è o all’impero della telefonia scolastica? Nella scuola ha girato ed è tornato a girare una circolare che vieta l’uso dei telefonini in classe. Ma alla fin fine gli unici deboli, inefficaci strumenti sono le valutazioni”. Nessuno si è mai azzardato a sequestrare un cellulare, sempre per non scatenare le reazioni imprevedibili, o fin troppo prevedibili dei genitori. Tanto più che in concomitanza della diffusione dei cellulari si è verificato un fenomeno curioso. Gli studenti non approfittano più come un tempo di ogni occasione per restare fuori. La scuola per loro non è più un luogo separato dalla vita. Non è più neppure un luogo noioso. Per evadere, per riallacciare i rapporti con il loro mondo, gli basta premere qualche tasto.
C’è una notizia di oggi, riportata in italiano, che dice che Symantec ha classificato Windows (XP, suppongo) come il sistema operativo più sicuro, seguito da Red Hat (Enterprise, suppongo) e da Mac OS X. I parametri seguiti sono stati il numero di vulnerabilità scoperte negli ultimi mesi e il tempo impiegato per risolverle.
Ora, c’è molta propaganda contro Microsoft (vuoi perchè tende al monopolismo, vuoi perchè è americana, vuoi perchè non ha quasi mai aperto i suoi sorgenti) che però è cieca di fronte a questa semplice legge: le vulnerabilità (scoperte) di un sistema (o di un’applicazione) sono direttamente proporzionali alla sua quota di mercato. Microsoft ha sempre posseduto il 70-80% del mercato e ha avuto sempre un casino di rogne con le sue vulnerabilità. Ultimamente, è stato indetto un "Month of the Bugs" per Mac OS X, un grande mese di ricerca delle falle di OS X, e si procedeva a un ritmo di 3-4 al giorno! Stessa cosa vale, prendiamo, per Firefox. Ok si continua dopo. Ora vado.
Cebit 2007: nihil sub sole novum
Il Cebit è una grande fiera che si tiene ogni anno ad Hannover. Una grande fiera, la più grande al mondo nel campo dell’informatica e della tecnologia. Migliaia di persone, centinaia di stand, una baraonda totale, luce abbagliante. Ma nel casino, novità? No, è tutto uguale all’anno scorso. Se non che è tutto ingrossato. Le console di nuova generazione? Versione pompata di quelle vecchie. I telefonini? Solo con una fotocamera migliore di quelli dell’anno scorso, uno schermo più grande o altro, basta che sia ingrandito. Ram da 800 a 1600 Mhz, alimentatori da 1000 a 1500W. Tutto questo è successo in un anno, ma non è nulla di nuovo.
Una sola l’eccezione, una solo la stravagante novità, progettata da un ingegnere giapponese: il gamepad a telecomando, rivoluzionario, del Nintendo Wii. Solo questo di nuovo sotto il sole.
Preghiera 20/03/2007
Dio perdonami, oggi sono entrato da Feltrinelli ma non è questo il problema, quello è un peccato usuale. Il fatto è che è Quaresima e mi ero promesso di non comprare nulla. Ho resistito a tutte le tentazioni, persino all’ultimo album degli Idlewild. Ma poi ho visto un certo libro, sottile, di carta spessa e ruvida, di un certo Jean Baudrillard, capisci – quello che ha scritto la Gauche divine che tutti si guardano bene dal tradurre in italiano (dovrò impararmi il francese per poterlo leggere?) – e insomma ho girato per guardare il prezzo: sei euri e cinquanta. Capisci che a quel punto non ho più potuto resistere, è sotto ogni budget benchè minimo. Avrei dovuto lasciarlo sullo scaffale e dare l’equivalente in carità, perdonami.