Preghiera 31/07/2006
Don Giovanni Bosco, protettore degli editori, capisci perchè la letteratura antica non va: oggi sono andato alla Feltrinelli (perdonami), ad un certo punto mi sono ricordato del mio impegno di leggere "Dafni e Cloe". L’avevo già trovato su internet, ma è molto meglio un’edizione cartacea. L’unica presente era quella BUR, pagine 509. Dimmi tu quale mentecatto andrebbe mai a comprarselo, complice l’orrenda definizione sul retro, "romanzo pastorale". Se uno non fosse della materia, non andrebbe a guardare che ci sono 250 pagine di introduzione, 30 di bibliografia, e le rimanenti vanno contate a metà perchè con testo a fronte. Ti prego, fallo capire ai signori BUR.

La mensogne Calciopoli
Mi ero sempre astenuto dal dare il mio giudizio su questo bellissimo rovesciamento della lobby del calcio degli anni ’90. Mi ero. Non ho potuto sopportare che l’Uefa abbia  accettato l’iscrizione del Milan in CL "con riserva". Avevo mal sopportato Blatter che dispensava facili moralismi sulla pulizia del calcio mondiale e sulla sporcizia di quello italiano, proprio lui che ha sottratto milioni di euro alle casse della Fifa per scopi personali – cosa legale, visto che l’adienza è privata, ma tenuta comunque nascosta, per avere la faccia pulita ed etica nonostante le mani sporche. Per chi si ricorda, il suo principale accusatore, Michael Zen-Ruffinen, fu radiato dalla Fifa prima dei mondiali di Corea e condannato ovviamente alla morte civile. Ah e ovviamente non mi risulta che Blatter abbia mai dato un calcio al pallone.
Ad ogni modo, tornando al nostro discorso, ho troppo sonno adesso, continuo domani.

E’ incredibile, per quante volte possa rileggere le pagine sulla relatività ristretta, per quanto possa sapere a memoria tutte le caratteristiche e leggi, ogni volta trovo sempre da stupirmi, e non riesco a smettere di rifletterci.

Perfetto Aldo Grasso, sul Corriere di oggi:

"Trattandosi di colpi (proibiti), anche la Fifa ha voluto adeguarsi. Ne ha dati tre al cerchio e due alla botte (e che botte!): tre giornate di squalifica a Zinédine Zidane per la testata a Marco Materazzi durante la finale dei Mondiali 2006 e due turni di punizione anche al giocatore italiano per la provocazione al capitano francese. La sentenza è di quelle che si vogliono salomoniche, da alto consesso internazionale, da giuria parruccona: la colpa va più o meno equamente divisa e condivisa in modo tale che sia da monito per le future generazioni. Gli esempi cattivi non restino impuniti.
In realtà è una sentenza che lascia molto perplessi, percorsa com’è da un’ipocrisia di fondo: Zidane ha perso letteralmente la testa, ma l’ha persa, secondo la Fifa, perché provocato da Materazzi.

Ora il difensore italiano non è, per sua stessa ammissione, uno stinco di santo ma nella motivazione del giudizio si riconosce che entrambi i giocatori hanno affermato che «gli insulti erano rivolti all’onore del giocatore, ma non erano di natura razzista». Insomma erano di quelle ingiurie che fanno parte, non è bello dirlo ma è così, del repertorio di ogni partita. E’ vero che la provocazione, in quanto inavvertibile e subdola, è comunque grave ma è anche vero che, dal punto di vista simbolico, una testata a un avversario, davanti a milioni e milioni di spettatori di tutto il mondo, ha una forza comunicativa incommensurabile.
A leggerla con un po’ di malizia, è proprio nella sentenza della Fifa che si scopre un fondo di vago razzismo sportivo. Così traducibile: Zidane è stato il miglior giocatore di Germania 2006, quello che ha fatto vedere il calcio più bello (« Merci Zidane pour ces instants inoubliables » hanno titolato i giornali francesi mostrando le magiche giocate di Zizou). Se ha perso la testa (« un coup de colère »,uno scoppio di collera), se non ha mai chiesto scusa, è solo colpa del brutto anatroccolo, del giocatore che sopperisce con la forza bruta alla mancanza di classe (non erano queste le stesse accuse che venivano mosse a Gentile nell’82 quando «morse» i polpacci di Socrates e di Maratona?).
E infatti, mentre la Fifa commina burocraticamente le sue pene (e Zizou, nobilmente, ha chiesto e ottenuto di scontare la squalifica lavorando in progetti umanitari in favore di bambini e adolescenti all’interno dei progetti della Fifa, essendosi già dimesso da giocatore) la Rete, che ha una maggiore e più moderna sensibilità espressiva, ha sepolto nel ridicolo il francese facendone un eroe mondiale dalla testata facile, coniando persino il neologismo di «zidanata» (colpo di testa, per essere gentili).
E qui viene fuori il problema vero del calcio, di quello italiano in particolare. Ormai è in mano ai tribunali, alle procure. E’ di ieri la notizia che otto avvisi di garanzia sono stati emessi dai pm di Napoli, Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, nell’ambito della nuova tranche dell’inchiesta sugli illeciti del mondo del calcio nel quale è coinvolta la Reggina. Destinatari dei provvedimenti, nei quali si ipotizza il reato di concorso in frode sportiva, sono il presidente della società calabrese Lillo Foti, l’ex designatore arbitrale Paolo Bergamo, gli arbitri Massimo De Santis, Andrea De Marco, Tiziano Pieri e gli assistenti Giorgio Nicolai e Sandro Rossomando. Continuano intanto a girare le voci che vedrebbero coinvolte in Calciopoli altre squadre di serie A.
Ma che cosa sta succedendo? Un tempo il calcio parlava (con le sue imprese, i suoi campioni) e noi siamo cresciuti parlando di calcio. Adesso invece il calcio si esprime principalmente attraverso sentenze, pareri giuridici (assegnare o no lo scudetto all’Inter?), avvisi di garanzia, deferimenti, collegi giudicanti, difese degli avvocati. Ma è ancora calcio questo o è qualcosa che ci è sfuggito totalmente di mano? Di fronte alla resa dei conti degli scandali italiani dobbiamo rimpiangere la testata di Zizou come un ultimo scampolo di vero calcio?"

Diventare collezionista di città?
L’idea mi sta ronzando in testa ed è di quelle forti. Dopo aver letto Comisso, Piovene, D’Annunzio, Langone non è naturale che cominci anch’io? Girare i capoluoghi di provincia, distillarne l’anima da erudito letteratissimo sui passi dei miei autori. Non dico di fare il byroniano o il Barney, sarebbe al di fuori della mia portata. Ma viaggi brevi, eppure sufficienti sapendo già tutto prima di quella città. Bologna, Trieste, Mantova… poi scrivere e raccogliere i resoconti. E farne un libro. E’ un’idea che mi ubriaca, a quest’ora della sera. Meglio dormire, e pensare al primo passo: trovare gli appoggi nelle città.

Prossimamente devo sostenere le seguenti spese: a) una o meglio se due raccolte di Kavafis in edizioni decenti b) Viaggio in Italia di Comisso c) Veneto Felice (e possibilmente qualcos’altro) di Piovene d) L’Universo Elegante di Brian Greene in DVD e) Un terribile amore per la guerra di Hillman James. Dove li trovo i finanziamenti?

Cosa vuol dire essere moderni?
Ho ripreso in mano Finkielkraut col proposito di finirlo tutto stavolta. Adesso mi sembra progressista, troppo progressista per i miei gusti. Ma essere progressiti non vuol dire già scadere il giorno dopo? Ed essere conservatori non vuol dire consegnarsi all’eterno? Forse, come Barthes, la linea di divisione passa in mezzo al mio cuore.

My Secret Is My Silence
C’era un volta un gioco che aveva come sottofondo una canzone sconosciuta ma che risultava carina. Quella canzone era You Held the World in Your Arms Tonight. Da quando la ascoltai per la prima volta ne è passato di tempo, non solo per me, ma anche per un omino col nome da pupazzo o da personaggio dei cartoni animati che il prossimo 24 luglio darà alla luce un capolavoro. Come Thom York, Roddy Woomble se ne esce con un album da solista che lascia tutti, o molti, spiazzati. Avrebbe potuto uscire tranquillamente sotto il nome di Idlewild, ma no, è un’altra cosa avere il proprio nome scritto sul fianco di un disco. E’ un desiderio che prima o poi esce fuori quello di creare qualcosa di completamente proprio e interamente riconducibile a sè stessi. Come un bambino, o forse di più. Ed è un desiderio che nasce in un preciso istante, quando si decide di smettere una faccia e indossarne un’altra. Quando si decide che un certo ragazzo ha fatto il suo tempo ed è ora di percorrere la strada per diventare un titano.
Roddy nella foto di copertina (di uno stile passato e quindi eterno) sembra voler distillare il lord Byron che c’è in lui. Lui scozzese come Byron. O Ernest Hemingway, col cappello da marinaio che scruta l’orizzonte.  E non potrei crederci se questo album non parlasse di mare, di terre, e del punto dove s’incontrano. Infatti di questo parla Every Line of a Long Moment, l’unica canzone che ho potuto ascoltare fino a questo momento. E prego che siano tutte così.

Look out across the walls
Look out
across the walls into the Atlantic
Ocean
Until it becomes
The sea
Until the North Sea’s waves
They come to cover me


Al Tg3 Veneto parlano di una legge della provincia di Padova per limitare l’inquinamento acustico. Intervistano il proprietario di un cementificio in aperta campagna che con accento rustico e tono polemico enuncia le seguenti parole: "Ci hanno messo nella classe zero, o vero quella ospedali e cimiteri. Dovremmo fare meno rumore di un frigorifero."